“L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro. Ne discende che il datore di lavoro è responsabile nel caso di decesso del lavoratore per superlavoro”.
Quanto sopra viene definito nella sentenza n. 14313 del 8 giugno 2017 della Suprema Corte. Nel specifico gli eredi di un operatore radiologo impiegato nell’Azienda sanitaria provinciale di Enna adivano il Tribunale di Nicosia, rappresentando che il decesso del coniuge/famigliare era imputabile all’enorme carico di lavoro cui il stesso era stato sottoposto nel corso dell’intero rapporto lavorativo.
con sentenza di primo grado il Giudice del lavoro aveva riconosciuto la sussistenza della responsabilità ex art. 2087 del codice civile in capo all’Azienda sanitaria che aveva ricorso in appello la sentenza dinanzi alla Corte , la quale non ha ravvisato nel comportamento imprenditoriale un inadempimento colpevole ai sensi dell’art. 2087, tale da indirizzare la responsabilità risarcitoria per danno non patrimoniale da perdita parentale.
Mente i giudici della Cassazione, accogliendo il ricorso presentato, hanno determinato che ci sia stata effettivamente da parte dell’Azienda Sanitaria la violazione dell’art. 2087, in base al quale: “L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.